Articolo pubblicato su TRACCE, annuario dei CAI della VALLE CAMONICA, anno 2023
DALL’ICE CAP ALL’OCEANO ATLANTICO… 10 GIORNI NELLA TUNDRA, CON LENTEZZA.
“E’ possibile per 10 giorni non guardare l’orologio ma solo ascoltare sé stessi? Non guardare il telefono ma solo guardare la natura? Non andare di corsa ma fermarsi tutte le volte che si vuole o c’è un sasso comodo per una pausa?”
Agosto 2022 - Sono al rifugio Lissone, prima tappa del “Numero 1”, e ripenso allo scorso anno...
In questi stessi giorni, ero invece in Groenlandia lungo l’Arctic Circle Trail. 200 km lungo appunto il Circolo Polare Artico, sulla costa occidentale di quel gigante bianco che è la Groenlandia (letteralmente Terra Verde).
Il percorso prevede di partire da Kangerlussuaq, un villaggio con una ex base militare americana all’interno di un fiordo di 100 km, ed arrivare a Sisimiut, un villaggio sulla costa occidentale (di fronte al Canada, per intenderci).
Per dare un maggior senso di “viaggio” a questo trekking ho optato per iniziare dalla calotta glaciale, nel punto chiamato Point 660, circa 40 km a ovest, verso l’interno, di Kangerlussuaq.
Nessuna difficoltà tecnica, niente di estremo; duecentoventi chilometri nella tundra, con relativamente poco dislivello e un sentiero abbastanza segnato.
L’aspetto particolare è che non si incontrano villaggi o rifugi nel tratto di 180 km Kangerlussuaq - Sisimiut, non c’è copertura telefonica; solo alcuni bivacchi in legno non gestiti.
Quindi, si tratta di muoversi in completa autonomia e autosufficienza.
E a tal proposito sorge una questione che può cambiare l’essenza del viaggio: muoversi più leggeri, con meno cibo, puntando a fare più chilometri possibile ogni giorno, quindi correre verso la civiltà dall’altra parte del percorso?
Oppure muoversi più “pesanti”, dedicando a questa vacanza tutti i giorni necessari e godendosi il tempo, senza imporsi orari, sveglie, tabelle di marcia?
Ho scelto questa seconda opzione, dividendo il percorso in modo da sfruttare buona parte dei bivacchi e camminando mezza giornata. Insomma, non ho fatto le corse per tornare nella civiltà.
D’altra parte, camminare tutto il giorno, stancarsi talmente da voler solo togliere gli scarponi ed andare a dormire, fare le corse, mettere la sveglia, rispettare orari e tabelle di marcia… è quello che facciamo tutto l’anno. Sappiamo di essere capaci di fare tutto “di fretta” e di vivere incastrando mille attività in 24 ore, quasi volessimo dimostrare (non so a chi, a noi stessi? Agli altri?) di essere dei super-eroi.
Quello che volevo vivere in questo viaggio era proprio l’opposto: avere davanti a sé ore e ore da riempire, oppure da lasciare vuote, da soli, senza connessioni e (quasi) senza incontri.
Di conseguenza, volevo seguire gli orari del mio corpo, svegliarmi senza sveglia, mangiare quando avevo fame, camminare senza tirarmi il collo e fare quello che volevo il resto del tempo. E stare con me stessa.
Ho passato la notte in tenda a gelare letteralmente e aspettare l’alba, a causa del vento gelido che soffiava dalla calotta verso il mare e del permafrost che si estende per i primi 40 km a ridosso della calotta glaciale (aggiungiamo che il mio materassino non era adatto a quelle condizioni).
La mattina successiva mi sono incamminata di buon’ora verso Kangerlussuaq e per l’intera giornata ho camminato nel deserto artico, un ambiente veramente surreale, estremamente arido ma con un fiume impetuoso di acqua di fusione a poca distanza.
La seconda notte ho dormito a Kangerlussuaq e dal secondo giorno mi sono incamminata nella tundra.
Camminare nella tundra è un'esperienza molto particolare. Gli spazi sono enormi: vallate verdissime, senza fine, contornate da montagne appena accennate che le dividono. Laghi immensi e dalla geometria estremamente irregolare riempiono buona parte di queste vallate; per il resto, il terreno è tendenzialmente paludoso e molto umido. Camminare può diventare difficoltoso perché lo scarpone viene risucchiato nel terreno con un fastidioso “effetto ventosa”. Ovviamente i piedi si bagnano il primo giorno e non asciugano più.
Piante non ce ne sono ovviamente, solo piccoli arbusti simili ai nostri mirtilli e rododendri, oltre a tantissime tipologie di muschi e licheni.
Qualche renna e tantissime lepri e uccellini mi hanno tenuto compagnia per tutti i 10 giorni.
L’ambiente è fantastico, estremamente incontaminato; distese di verde e azzurro infinite e a volte un po’ monotone. Ad esempio un giorno ho camminato da mattina a sera sulla sponda di un lago per più di 20 chilometri… infinitoooo!!!
Domande frequenti…
Quante persone hai incontrato? 8 in 10 giorni, ma non abbiamo passato molto tempo insieme essendo che la maggior parte di loro andava nella direzione opposta alla mia.
Ma avevi una slitta? Nooo! Sono partita dalla calotta glaciale ma a parte la “passeggiata” iniziale ho sempre camminato nella tundra, mai sul ghiaccio o neve.
Quanto pesava lo zaino? Alla partenza 23 chili, dei quali 7/8 di cibo.
Quanto camminavi? circa 5 o 6 ore al giorno prendendosela con calma. Facevo parecchie tappe, soprattutto i primi giorni quando il corpo non era ancora abituato a uno zaino da 23 chili.
Faceva freddo? Eccetto per la notte vicino alla calotta, gli altri giorni la temperatura stava tra i 10 e i 15 gradi quindi si stava abbastanza bene.
Faceva freddo più che altro per l’umidità costante.
Altri aspetti particolari? E’ necessario guadare 2 o 3 volte il fiume a temperature… polari!!! anche con l’acqua fino alla pancia.
Cosa facevi quando non camminavi? Ho riposato, osservato, contemplato l’ambiente e letto parecchio. Consigliatissimo: “Il senso di Smilla per la neve” di Peter Hoeg.
Ho tantissimi pensieri e ricordi che mi frullano per la testa e purtroppo lo spazio è poco, ma se vi siete incuriositi a leggere di questo viaggio potete trovare altre foto e racconti su instagram (@julia.hammer_ ) o Facebook.
Buona montagna a tutti!